Ritorno al futuro: registrazioni continue alla portata di tutti

Al di fuori del settore della sicurezza, la percezione di molte persone riguardo alla sorveglianza video è guidata da quello che vedono nei film o nelle serie televisive; le telecamere riprendono ininterrottamente la scena e le riprese sono salvate su videocassetta e conservate fino a quando un detective, o un investigatore privato, non abbia bisogno di consultarle per un’indagine.

C’è un fondo di verità in questa rappresentazione, naturalmente, ma è molto datata, perché è in larga parte ambientata in un mondo ormai superato, quello delle telecamere di sorveglianza analogiche, nel quale le limitazioni della tecnologia imponevano che esse potessero essere o accese o spente. E, nel caso in cui fossero accese, erano sempre in registrazione. Questi dispositivi avevano degli ovvi vantaggi, dal momento che nessun evento all’interno della scena ripresa poteva passare inosservato e che sarebbe sempre rimasto disponibile per un controllo da parte del personale di sicurezza e delle forze dell’ordine. Almeno fino a quando le registrazioni fossero state conservate. Una necessità che creava, però, difficoltà per quanto riguardava lo spazio necessario all’archiviazione fisica.

Dal momento che le videocassette erano piuttosto ingombranti e potevano contenere solo alcune ore di video, lo spazio necessario per tenere le registrazioni a portata di mano era diventato un problema.
Di conseguenza, si è iniziato a conservare il materiale solo per un certo periodo di tempo – ad esempio 30 giorni – prima di riutilizzare i nastri registrando nuovi filmati sui precedenti. Una consuetudine che poteva risultare problematica per molte ragioni, la più ovvia delle quali era la perdita definitiva del materiale preesistente. Ma non bisogna trascurare il fatto che la continua sovrascrittura delle videocassette contribuiva con il passare del tempo anche a deteriorare la qualità del video registrato, riducendo la risoluzione delle riprese.

L’arrivo della videosorveglianza digitale e dei dati

A sinistra: la prima bozza di AXIS 200; A destra: una bozza della telecamera Bullet 2021.

Qualche anno dopo, l’arrivo della videosorveglianza di rete sembrava aver risolto il problema dello spazio di archiviazione. Gli hard disk erano capaci di conservare un enorme numero di video digitali in uno spazio fisico relativamente piccolo – una quantità che avrebbe richiesto magazzini giganteschi per contenere l’equivalente materiale su videocassette.

Problema risolto? Non esattamente. Le telecamere di rete si sono evolute rapidamente, in particolare in termini di qualità e di risoluzione delle immagini raccolte. Le nuove soluzioni hanno garantito una maggiore risoluzione, aumentato i frame rate e i bit-rate e, di conseguenza, creando più dati. Molti, molti più dati.

Se consideriamo che un sistema di videosorveglianza contiene decine, centinaia e persino migliaia di telecamere connesse, le esigenze di archiviazione delle riprese della videosorveglianza digitale – insieme con la maggior ampiezza di banda necessaria per inviare queste informazioni ai data center – sono rapidamente diventate un nuovo problema.

La conseguenza: una sorveglianza non ottimale

Aziende e organizzazioni si sono rapidamente messe alla ricerca di soluzioni per gestire questa mole di dati. In un primo momento, l’approccio adottato, reso possibile dalla sorveglianza digitale, è stato quello di registrare un video solo quando “succedeva qualcosa”.

Questo risultato veniva raggiunto, nella maggior parte dei casi, attraverso algoritmi di rilevazione del movimento, con le telecamere che venivano attivate quando si raggiungeva una certa soglia di movimento all’interno della scena ripresa. Questa soluzione, tuttavia, è imperfetta: a seconda delle soglie stabilite sui sensori di rilevazione del movimento, le telecamere possono essere attivate troppo spesso, causando un alto numero di falsi allarmi, oppure, al contrario, una soglia di rilevazione troppo alta poteva causare la mancata registrazione di attività significative.

Altre possibili soluzioni riguardavano la riduzione del numero di dati prodotti dalla telecamera stessa.
La compressione video, la riduzione del frame rate e della risoluzione delle immagini sono tutte possibili modalità per raggiungere questo obiettivo, ma comportano anche la riduzione della qualità delle riprese.

Con il passare del tempo, la pratica della registrazione continua è passata di moda in molti settori. Le aziende avevano accettato di avere una registrazione incompleta o di più scarsa qualità in cambio di minori requisiti d’archiviazione e di larghezza di banda.

Fortunatamente, oggi, questo compromesso non è più necessario.

Le nuove opportunità e le esigenze di registrazione continua

Molte persone concorderanno sul fatto che, per la videosorveglianza, la possibilità di registrare continuamente sia un fattore positivo.

È banale sottolineare che la possibilità di non perdere alcun evento all’interno del campo di ripresa della telecamera rappresenti un grande valore aggiunto. Le innovazioni nella tecnologia delle telecamere di sorveglianza lo rendono oggi possibile senza aumentare il peso dei dati e riuscendo, in alcuni contesti, persino a ridurlo rispetto al tradizionale approccio “acceso/spento”.

Il modo più semplice per comprimere i video è quello di ridurre il bit-rate, vale a dire la quantità di video trasferita in un certo periodo di tempo, solitamente espressa in bit (o megabit) per secondo. Questo risultato è spesso ottenuto attraverso la combinazione di una o più di queste procedure: riduzione della risoluzione del video, riduzione del frame rate o aumento della compressione. Ciascuna delle tre, naturalmente, rischia di causare una perdita di qualità del video.

La compressione è senz’altro un aspetto importante da considerare per la riduzione dei dati, ma è cruciale che ciò non comporti la perdita di dettagli importanti all’interno del video.

È tuttavia possibile adottare diversi approcci per ridurre i costi di archiviazione e trasferimento mantenendo la qualità delle riprese, con dettagli di livello forense.

Il primo approccio consiste nell’adottare differenti livelli di compressione a seconda delle specifiche aree di interesse all’interno del campo di ripresa di una telecamera. Per esempio, se consideriamo un contesto come il corridoio di un ospedale, l’area corrispondente alle pareti potrebbe essere compressa a un livello più alto rispetto al corridoio. L’impatto complessivo di questa scelta risulterebbe in una significativa riduzione del peso del materiale finale.

Un altro metodo consiste nell’utilizzare algoritmi interni alle telecamere per inviare solo dati riguardanti i cambiamenti avvenuti all’interno della scena, inviando più raramente le immagini delle aree che restano statiche. Questa soluzione può essere utile per riprendere aree tranquille, come ad esempio l’atrio di un ufficio durante le ore notturne, mantenendo la possibilità di registrare in alta risoluzione l’eventuale accesso di una persona.

Un’altra tecnologia che può essere adottata è una telecamera che registri e analizzi il video con un frame rate alto, ma che escluda dall’invio tutte le parti del video non necessarie, perché statiche o prive di eventi significativi. Queste verranno riprese con un frame rate estremamente basso, pari anche a un frame per secondo. Nel caso in cui avvenga qualche cambiamento sulla scena, il frame rate verrà automaticamente aumentato per catturare ogni dettaglio importante.

Infine, un’interessante tecnologia emergente riguarda il controllo del bit-rate medio, che – se implementata correttamente – permette alla telecamera di adattare automaticamente il bit-rate in relazione allo spazio disponibile e al tempo di conservazione del video. Ideata specificamente per la registrazione continua, questa soluzione offre un controllo ottimale sulle modalità di ripresa e di archiviazione senza applicare limitazioni al bit-rate di tutti i materiali registrati.

Questi approcci combinati riducono significativamente il peso dei dati e le necessità di banda – spesso oltre il 50% – senza perdere dettagli nel caso in cui si verifichi qualcosa di importante. Rappresentano dunque un fattore fondamentale nel garantire registrazioni continue.

Un nuovo mondo di analisi per la sorveglianza

I benefici della registrazione continua non si limitano a garantire soltanto che nessun evento vada perduto. Software di analisi sempre più sofisticati – posizionati on the edge, sulla telecamera, o basati su un server – assicureranno un valore aggiunto sempre maggiore alle immagini registrate.

I video provenienti da telecamere già esistenti potranno beneficiare di analitiche lato server e potranno essere affiancate da modelli più recenti basati sul deep learning e capaci di fornire, insieme ai video, anche metadati utili per migliorare la sicurezza e l’efficienza operativa.

Queste possibilità faranno emergere un nuovo livello, a metà tra gli allarmi e gli avvisi in tempo reale e le analisi forensi dei video riguardanti gli incidenti ripresi. Le analitiche applicate alla registrazione continua – capaci di rilevare schemi e anomalie – renderanno evidenti informazioni finora sconosciute, la cui analisi garantirà l’ottimizzazione delle operazioni di sicurezza e potrà essere applicata ad altri ambiti aziendali.

È curioso notare come nel passaggio dalle telecamere di sorveglianza analogiche a quelle digitali – e considerando i miglioramenti nella risoluzione delle immagini che queste hanno garantito – molte aziende e organizzazioni abbiano avuto la necessità scegliere tra la qualità delle riprese e le esigenze di archiviazione e la gestione dei dati prodotti. Un compromesso che, finalmente, non è più necessario: il futuro, infatti, ci riporta ai bei tempi delle registrazioni continue, ma senza più implicazioni negative.

Analitiche on the edge