Assicurare la privacy durante la videosorveglianza

Versione italiana a cura di Rosalba Convertino.

La sorveglianza e la privacy non sono compagni naturali.

Comunque, via via che il grande pubblico sta iniziando a comprendere come la sorveglianza possa essere d’aiuto per la sicurezza degli edifici e delle persone, l’uso di videocamere in luoghi pubblici è sempre più accettato.

Nonostante gli adeguamenti normativi, la privacy rimane in ogni caso una delle priorità dell’industria della sorveglianza, ma è un tema tornato recentemente alla ribalta a seguito di alcune iniziative come l’introduzione del GDPR in Europa e del FISMA negli Stati Uniti. Di conseguenza, aziende e organizzazioni hanno preso nota dei cambiamenti e mostrato la loro capacità di salvaguardare la privacy delle persone non solo per proteggere la reputazione dei propri brand ma anche per rispondere alle richieste delle organizzazioni sindacali che hanno imposto specifiche attività di protezione della privacy sul posto di lavoro.

La combinazione di tutto questo sta mettendo sempre più pressione sulle aziende affinché mettano al sicuro i dati raccolti attraverso la sorveglianza.

 

Assicurarsi che gli utenti comprendano i propri obblighi

Le videocamere di sorveglianza sono un oggetto piuttosto comune nelle zone pubbliche – nel 2016 è stato calcolato che ce ne fossero installate circa 350 milioni in tutto il mondo, 2 milioni nella sola Italia – e le persone stanno accettando la possibilità di essere riprese con una certa regolarità.

Le aziende che registrano i filmati di sorveglianza lo fanno per un ampio novero di ragioni – dal controllo di un’area in merito ad attività criminali fino all’accertamento del buon flusso del traffico cittadino. Le aziende manifatturiere e i distributori di videocamere di sorveglianza possono aiutare gli utenti a rimanere informati sulle best practice di questo genere di attività: tra di esse, come utilizzare correttamente ed eticamente le informazioni raccolte dalle videocamere di sorveglianza e quali passi prendere per essere in regola con le regolazioni della privacy a livello locale e internazionale.

 

La tecnologia aiuta a rispettare le regole

Esistono declinazioni regionali sull’esatta modalità in cui le varie organizzazione dovrebbero adeguarsi alle regole sulla sicurezza dei dati e la regolazione della sorveglianza, ma in ogni caso queste direttive sono state varate con lo stesso scopo: proteggere i diritti umani delle persone e salvaguardare in particolare quello alla privacy.

Di conseguenza, esse prevedono dei sistemi di controllo che devono essere implementati quando si registrano, si conservano e si condividono dati video. Esistono diversi strumenti e tecnologie che permettono già di preservare la privacy delle persone durante il processo di visione, di registrazione e di esportazione dei video. Le più comuni sono le anonimizzazioni dinamiche, il mascheramento permanente e la redazione dei materiali raccolti.

Anonimizzazione dinamica: con questa tecnica, i software di analisi sono utilizzati per rendere automaticamente e in tempo reale anonime le persone presenti nel video mentre le analitiche monitorano le azioni e i movimenti sulla scena. Se le identità di coloro che sono stati ripresi si rivelassero cruciali per un’indagine, solo il personale autorizzato avrà la possibilità di rivelare i dati per accedere al video completo. Questa possibilità non solo protegge gli individui e il loro diritto alla privacy, ma garantisce anche alle organizzazioni il pieno rispetto delle regole per mantenere le persone al sicuro – specialmente in spazi pubblici e aperti.

Mascheramento permanente: questo approccio è più comunemente utilizzato negli ambienti in cui le identità dei passanti non sono rilevanti per lo scopo primario della sorveglianza. Il mascheramento permanente offre una modalità più basica di protezione della privacy rendendo anonimo chiunque sia presente nel video e marcando permanentemente il mascheramento nelle riprese: in questo senso, non esiste un modo per toglierlo in un secondo momento. Ciò significa che, mentre le aree di ripresa possono essere visionate per l’individuazione di rischi, il conteggio dei passi o la sorveglianza non-umana come il monitoraggio del traffico. Se qualcuno volesse accedere ai materiali filmati all’interno di un’indagine, le identità dei presenti nel video non potrebbero essere rivelate. Il mascheramento permanente può essere applicato sia in modalità statica – quando vi sono delle zone predefinite della scena che sono nascoste in modo permanente nei video in diretta e registrati – o in modalità dinamica, nella quale il mascheramento “segue” gli oggetti in movimento in una scena del video.

Redazione: anziché rendere anonime immediatamente tutte le persone riprese dalla telecamera, la redazione opera in un secondo momento, vale a dire quando le immagini di qualcuno sono già state riprese e l’operatore le oscura per proteggere la privacy degli individui non rilevanti. Questa possibilità è più comunemente utilizzata quando un’organizzazione deve condividere del materiale video non-anonimo, ad esempio con rappresentanti della legge durante un’investigazione. Se questa tecnica aiuta le organizzazioni a proteggere la privacy delle persone innocenti, non salvaguardia la privacy durante trasmissioni in diretta delle riprese.

Così come per gli approcci sopra ricordati per la protezione della privacy durante la videosorveglianza, alcune tecnologie di controllo non figurative permettono già un certo livello di garanzia della privacy. Per esempio, le telecamere termiche sono spesso usate in ambienti sensibili come, ad esempio, il monitoraggio dei pazienti in ospedale, per permettere l’osservazione delle persone da remoto senza raccogliere alcun dato personale – una regola obbligatoria, tra gli altri paesi, anche negli Stati Uniti.

 

La legge italiana e la protezione della privacy

Come ricordato in precedenza, l’introduzione del nuovo GDPR a livello europeo ha condizionato in modo significativo anche la regolamentazione della videosorveglianza nel nostro paese.

La difesa della privacy non è tuttavia mai stato uno dei temi principali sotto questo punto di vista: lo testimoniano ad esempio le ripetute richieste del Codacons a proposito dell’installazione di nuove telecamere non solo in aree pubbliche ma anche in scuole ed ospedali.

Il Garante della Privacy, espressosi negli ultimi mesi sul tema, ha sottolineato la centralità della tutela dei dati personali raccolti dalla videosorveglianza. Fermo restando il principio, il garante ha sempre ribadito che occorre sempre mettere in primo piano la sicurezza e che, pertanto, la videosorveglianza è sempre ammessa quando sono rispettati quattro principi fondamentali: la liceità della videosorveglianza, la sua necessità, la sua proporzionalità e il fine ultimi di chi detiene l’attività; quest’ultimo punto significa che ogni ripresa di videosorveglianza deve essere coerente con le finalità del trattamento delle immagini raccolte.

Una riflessione che trova riscontri nella recente sentenza della Corte di Cassazione n. 20527/19 del 13 maggio 2019, infatti ha affermato che non costituisce reato l’installazione di una videocamera di sorveglianza per finalità di sicurezza rivolta verso spazi pubblici.

 

Rendere la protezione della privacy la normalità

In Axis, ci impegniamo per fornire ai nostri clienti la guida e gli strumenti migliori per aiutare le persone a rendere sicuri i propri dati video e salvaguardare la privacy. Per questo incoraggiamo le organizzazioni ad essere consapevoli dei propri obblighi e di fare un uso responsabile dei dati raccolti.

 

Questo articolo è apparso originariamente in lingua inglese sul blog globale Secure Insight.